OOl
ANNI
DRAMA PER MUSICA
DA RAPPRESENTARSI
Nella Sala desrilluflriflìmi .Sii^nori
CAPR ANICA
Nel Carnevale dell'Anno 1 75 1.
1> S D I C A T O
AirUlma , ed Eccma Signora ,
La signora
. AGNES
COLONNA BORGHESE
PrmàpeJJa di Sulmona ^ RoJJafio (^c.
In Roma , per il Rofil . Con Ile- de' Sttp
Si vende dal medefimo Stampatore nella [
Strada del Seminario Romano ^
vicino alia Rotonda .
MUSIC imm
uNc-cHAPEi mu:
7
Illuftrìffima, ed Eccellentllfima
SIGNORA.
Na delle fuhlìmì y mnumeràhìlk
Virtù 5 che V animo di F. E. am^
piamente pojpede , è quella della modera-^,
zione 5 che in ù ahhendevol copia de'' beni ^
in tanf altezza digrado , in così largo
equìjlo di meriti 5 non fa mai rammentar'^
7ji la Grandezza Vofira^fe non allor quan^
do Poe cacone vi Ji prefenta di beneficare ^
Zittella mi ritrae dalPanJiofo defidcrio^ che \
è di dijfonderm i nelle Vojlre lodi ^e la me-^.
de firn a mi f prona ad offerirvi il mio Dra-^^
ma^ come avvezza ad accogliere le cofe pic-^,
cole 5 ugualmente ^ che le grandi^ Sover^
I eh io farebbe V implorami dalla Generoftà
di V. E. il gradimento a chi à piena cogni^
zione de'' fuoi rari talenti 5 a" quali mi ra-^
tifico con divo ti filma venerazione
Di V. E.
UmlliflimojDIvocIffimo, ed Obbllgaciffimo Servitori'
Antonio Miango .
ARGOMENTO,
ANn'balc dffc^iccrato da Cartagfrie fua Patria,,
per 5ver canfigliato, che dovcffe profegulrfi la?
guerra contro i Romani , doppo di effcrfi rico-
verato preffo Antioco Re dell' nfia, non vcdendofi fi-
curo fótte !a di luf fede, per efferff rappacificato co'-
Romani , fi portò in Bitinta fotto Fombra di Frufia Re
dlquefta (che' per maggior comodo della Miifica , fi
chiama Nicomede) in favor del quale guerreggiando y.
disfece , e tolfe il Regno ad Eumene Re di Pergamo > ,
facendone prigioniero il fratello Attalo. Ma foprag-
jgiuiito Flaminio Legato di Roma a chiedere, che gli
folTe confegnato Annibale, e rcdendoquefti vacillare
*i tal richiefta lo fteffo Re di Bictlnia , cosi bcneficato^
il ucci feda feileffo, pigliando il veleno, che feco por-
tava in un Anello. Cosìfcrive Plutarco. Quello di
più, che fi legge nel Drama è finzione poetica , fecon-
do lo fece comparire Monsù Tommafo Gornelio Tra-
fico Francefe aclU fua Tragedia i intitolata La morte
P ^0 T E S T ^.
PRoteftafirAutore, tutte le parole , ed i fentlmen-
ti , i quali foffero lontani da' Dogmi della Cattoli- |
ca Religione, doverfi riguardare come proferiti da^
perfone, che vilfero nelle tenebre dellldolacriai e dall'
ifteffo apertamente condannarfi •
Sì vidsbitur Reverendifs. P. Mag. Sac. Pai . Apoft.
2S[« Baccarius tp. Bojan* f^tCGfg.
F.Joachim Pucci Sac.Tk. Mag. SiSocius Reverendi fs.
Patria S«c, Pai, Ap. Mafi. Ord. Px^i
MUTAZIONI DI SCEMM: ,
ALL' ATTO PRIMO »
iDeliziofa.
! Sala d'Udienza con Trono .
miVATTO SECONDO .
Atrio Reggio .
Appartamenti Reali .
NEL V ATTO TERZO .
'Appartamenti Terreni •
Cortile Reggio attendato , adornato di Coloni
ne , e Statue , con veduta di Scale, c Giardina
in lontananza .
Pittore , & Tngegniere delle Scene . Il Signor
Domenico Vellani Bolognefe .
l^a Scena p fìnge in una Città neutrale fra
, i Regni dì ^ìtìnìa ^ e dì Pergamo .
COMPARSE
Di Littori , e Soldati Romani con Flaminio •
Di Bittini con Nicomede • t
Di Pergameni con Attalo \
Ai ^
^ TTO RI.
'3.NNTBALE Cartaginefe .
IlSìg G':o Batùfìa Pìnaccì Vlrtuofodl S.A.
5. ;/ Prencìp^ Armjìadt .
ELISA fua Pigila •
// Sìg' A^igelo Maria Monticelli Mìlanefe •
FLAMINIO Legato di Roma .
// Slg> Innocenzo Baldini .
^SIICOMBDb Re di Bittima .
// Sig* Agcjììno font ma Torinefe •
ARSINDA creila dì Nicomede .
Il Signor Giofeppe Carminati .
AITALO Fr^eiio di Eumene Re di Pergamo •
// ^/g. Giofeppe Amonio AleJJna Mìlanefe .
MUSICA
Del Sig. Geminiano Jacomelli Maellro di Cap-
pella di S. A* S. il Duca di Parma .
Architetto, e fópraintendente del Teatro. II
Signor Cavaliere Aleflandro Tettoni . '
Inventore , e direttore de' Balli . Il Signore-p
Antonio Sarrò •
Inventore deirAbbattimento . Il Sig. Gaetano
Giufti.
Inventore degl'Abiti, Il Signor Giulio Cefare
Banci«)
' AT-
ATTO PRIMO.'
. S C E N A P R I M A-
Deliziofa*
Elìfa, che Jìà a federe /opra tw de'^ f edili di marm§
penfofa , ed Annibale .
Aft. TjT N sì romita parte
I Figlia fola così , che fai , che peni! ?
j Sofpiri ? umido il ciglio
Moftri di pianto , e mefta
Ti volgi a me ^ che debolezza è quefta ? .
f /. Signore , ò ben raggione
Di piangere , e dolermi : ,i a danni tuoi ,
5, Troppo congiura il fato >
Troppo ti brama oppreflb ^ e fveuturato •
An^ Forfè Flaminio
Et. In dubbio
Più non fono i tuoi cafi: aMicomede
Ambafciator di Roma ,
Giunfe Flaminio , e prigionier ti chiede «
An. E potrà INicomede
L'onor , la data fede
Così porre in oblìo ?
EU Raggion di Regno
Nona tanti riguardi - Ei co' tuoi ceppi
„ Vorrà talora aflìcurarfii il Trono .
An. E quefto è il tuo timor Forfè non fona
Arbitro de' miei giorni ? In poter noftro
Se il vivere non è , la morte è almeno .
'A4-
^ ^4 7 T 0
Jzl, Peggior del danno allora
Il rimedio lària .
ArJ* Dunque la morte
tanto orror per te , che non rammenti ,
Ghe pofporre al rofiore
]Slon fi deva giammai?,, che inoftri affanni
AI Tuo giungere àn fine ? E s'è pur vero.
Che ogni punto fi muore , allor che in feno
Il filo ftrale s'accoglie ,
Fine il noftro morir riceve almeno .
0. L'invitto tuo coraggio
Ti fa così parlar , ma fc fapeiffi.
Quanto in mente a una figh'a
E' crudele il penfier , che le dipinge
In periglio fatale il Genitore ,
Vedrei men coraggiofo il tuo gran core|*
jf//. D^un Padre qual'io fono ,
Chi favella in tal guifa è figlia indegna .
A te rechi fpavento
Più la mia fchiavitù , che la mia mortCt
E fe quella con quella
Fuggir pofs'io , di che temer ? Rafciuga
Quelle lagrime vili.
Armati di cofianza , e ad onta ancora
Della più cruda forte,
Mofl;ra, che fei mia prole, e che fei forte.;
Le mie catene
Ti dian fpavento .
Morir conviene 5
Pria , ch'un momento
Da noi fi perda
La libertà.
Se
f> l M O. f
Se col mio core
t Viver faprai ,
L'ingiufla forte
. Non temerai ,
Terror la morte
' Non ti darà.
Le mie Scc. farti •
: S C E N A S E C O N D A .
EU fa , ed Aitalo con Guardie .
Att* T^TO" Yzdìi ftupor , Te a te ne vengo
Importuno così . Non foffre amore
Troppo lunghe dimore ,
Quando con viva fiamma accede un petto*
Eh Se il favellar d'affetto >
Prence , fu' labri tuoi > mi fu moleilo 5
In punto sì funefto
JMi dà troppo tormento,
Lafciami in pace , o fe parlar mi vuoi
Alla forte rubella
Perdona il mio rigor ] cangia favella •
Att. Se cangiar non pofs'io
L'innamorato cor , cangiar le voci
Come potrò P la lingua
j> Interprete è dell'Alma, e pieno un core
5, Deiramorofo affetto
j, Non può mai favellar , fe non d'amore ;
EL Signor fingere è d'uomo
Per togliere alla pena ] io ben ravvifo ^
Ch'altro ch'un'alma fida
Dopo tante ripullè
Potria feguir rincominciatat imprefa 9
Jlon mi irefta dife%
L'affetto , che fi deve
Al tuo merto , al valor prometto, e giuro.
jitt. Oh dehate voci io pur v'alcolto,
Non m'inganna il desìo ?
Dunque l'affetto mio
SCENA TERZA.
Arjfftda , e dett'f.
Arjl esegui infedele,
O Oblia la fè , ch'a me giurafti ingrato;
Ma non lagnarti poi ,
Se mi cangio ancor io .
f/. ( Giunfe opportuna )
'Att> ( C perigliofo inciampo
AI mio novello amor .')
^7. Prence , che afcolto ai Atu
Con qual cor , con qual fronte
Un omaggio dovuto
Ad un altra beltà porti in tributo •>
Att. Potrei
^y/: Che dir potrefti ,
Con quai nuovi pretefti ,
Sì nota infedeltà velar pretendi <>
» Dì pur , ma penfa pria
« Ove Tei , traditor qual'alma o ffendi .
t'U Principeffa, mi è noto,
Q£anto da me , dal Genitor fi debba
Al tuo Germano, a te, sò quanto devo
Al mio sague,a! mio corico fiamma uguale
Sempre vi accenda amore ,
iSlè ia me ti dia timore una irivaJe . .
P R J M 0 . n
Rendi a chi deve il core, é(d AtU
E fenafcefti al regno
D'un anima reale ,
Indegno non fembrar .
Sìegui nel fido amore , ad Arf.
Che con vicenda uguale
ISel traditor fi vede
La fede ritornar .
Rendi &c. farte^
SCENA CLU ARIA.
Arjìnda , ed Aitalo *
Arf^ \ Ttalo , che rifolvi P
jljL Vedi quanto cortefe
T'accoglie Elifa , il tuo novello affetto
Seco non puote aver maggior diletto .
Att. Se non giungeva Arfinda
A turbare importuna
La fiiperata imprefa ,
Io bramar non potea maggior fortuna •
Arf. Veramente in tal guifa
D'Arfinda ♦ e Nicomede
Ricompenfar tu dei l'amor , la fede .
3, D'Annibal prigioniero ,
Che traffe a morte il tuo fratello Eumene
„ Di Pergamo Signor, giungi alia Reggia,
„ Il Germano ti rende
^, E Regno , e libertà , di me t'accendi ,
,1 Chiedi il mio amor^chiedo le nozze,io cedo
Agli amorofi prieghi ,
Tua mi prometto , ed ora
\y Così la fè > così Tamor mi aieghi ?
2i Impari a non fìdarii
«De-
^2 ^ 7 T 0
9ì Degli Amanti così , chi poi tradita"
99 Mirarfi non vorrà , come or fon'io :
5, Ecco di troppa fede >
„ Quale è laricompenfa , e la mercede %
c/ìt. Sentimi Prcncipeffa . . . . •
jirf* E ancor pretendi ,
Che t'afcolti , e ti foffra ?
A troppo gran cimento efponi > indegno ^
La fofferenza mia •
Abbaftanza oltraggiafli
L'amore , e il fangue mio , così ti bafli ♦
Giacché d'oltraggiarmi
Non fenti roflbre 3
Di te vendicarmi
Ingrato faprò .
I^errà quel momento i
Che tutta rigore
Del tuo pentimento
Pietà non avrò . Giacché 8cc^ parte»
SCENA qjj I N T A-
Attah folo .
FRà lo fdegno d'Elifa ,
E d'Arfinda i rimproveri (èveri ,
Sta l'alma mia dìvifa t
E perche non Terbai fede collante i
Senza fpofa mi trovo ^ e lenza amante ;
Perche mi darti amore
Tanto ad innamorarfi
Facile il cor ? Tu degl'affanni miei f
L'ingiufto autor tu fei, pur troppo io fona
pi pietà tton indegno ^ e di perdono .
jNon è colpa del Nocchiero ì
Se de' venti fra lo fdegno
Abbandona all'onde il legno i
Se fi lafcia in preda al Mar .
Se non giova arte , e configlio ^
Non fi lagni il paflaggiero ^
Se col mifero naviglio
Va talora à naufragar .
Non&c. pam^
SCENA SESTA.
Sala d'udienza con Trono , ed una fcdia
per Flaminio.
I^ìcomede con accompagnamento di nobili > #
foldatl^e Flaminio con accompagnamento
di foldatl Romani .
iV/c.'T T Enga Flaminio {parte una comparfcu
V II fuo voler m'è noto j
Ma s^afcolti , e fi tenti
Deluder > fe fi puote , arte con arte
j, E in Annibal fi falvi
5, Del mio onor , di mia fede una gran parte»
n^àfulTrono'*
fla. Del Romano Senato entra.
Arbitro degiTmperj , e difenforc
Degl'amici Regnanti a te ne vengo
Ambafciator . Ciò , che ei per me desia
Ottener non di(pera
Dal tuo fincero amor , dalla tua fede •
HSfìc. Da me flieffo diverfo
Giammai non mi vedrà, ciòj che tu chiedu
Qua! fi deve al tuo grado, efpoai 5 e fiedi •
»4 ^ T T Ù
ria. Giunfe a Koma , o Signore , Jìede .
Confula fama » e forfè
Non in tutto fallace 9
Che neJIi Regni tuoi , nella tua Reggia
Ricovero , ed asilo
Al fuggitivo Annibale fi dia .
Non accade , Signor , ch'ora a te fpieghi
Annibale qual fia ,
Pur troppo al mondo ò noto
Il fuo furor contro i Romani , e'I voto .
5, Sai quanto cofli a Roma
L'afpra guerra mortai , che per tant'anni
„ Contro Annibal foftennc •
Ed or s che quafi eftinto
Più non dava timor , troppo n'è grave >
Che in feno degPamici
Ei riprenda vigor , contro di noi
A rifvegliarvi poi nuovi nemici .
iV/r. Abbaftanza comprcfi i fenfi tuoi .
Non niego , che fra noi
Annibale dimori , e ch'io Taccolfi ,
Roma lo sà : ma ignota
E' jaraggion , perche TaccoHi .
Fla* Equefta
jborfe ancor non è afcofa •
iN'k' Odi • Disfatto
Antioco , ancor potea
Più di quel , che vi fembra 9
Nuocervi TAfrican : potea fedurre
Alcun Re che di Roma , odiafle il nome •
Potea ..... Voi ben fapete ,
Quanto è prode di mano , e di configlio .
^ Il J M 0. fj-
I Io del voftro periglio
Sollecito a raggion , e che di Roma
Amo il nome , e la gloria
r iù cuftode , che amico
Nella mia Reggia il ricevei , ficuro
Ch'ei fenza moleftarvi in tal foggiorno
Incontrato averla l'ultimo giorno .
Fla. Così creder ne giovi , e pur non bafta
Per tua difefa ,
/Jlc. E che vi refta ?
Fla. Elifa
I D'Annibale la figlia
„ Sa , che molto ti piacque , e che tu brami
I 3, AI tuo letto chiamarla , ed al tuo Trono»
iV/c- Io non fapea , che foffe
Contro il Roman Senato
Difporre del mio cor colpa > e delitto.
Fla. Dunque t'avrà finora
La Romiina potenza
Difefo il Regno , e ftabilito il Trono f
Per farne parte , e dono
D'Annibale alla figlia ,
Che poi regni per lei ? Chi ti configlia !
iV^V. I configli in amore
Mi dà folo il mio cor , fe a me congiunta
Elifa refterà . . . •
Fla. Signor raffrena
L'impeto giovanile „ a* merti tuoi 9
9> E del tuo genitor moftrarfi ingrata
a> Roma non sà. Sia tua conforte Elifa ^
Guidala pur sìi'l Trono ,
ì^è men che acquilo tuo , fia noftro dono.
Ma
T T 9
Ma fe per te fa tanto
Roma , o Signor > noa molto
Forfè oprare a fuo prò tu non vorrai ?
iV/V. Tutto dovendo à lei ,
Che mai deggio negar > che vorrà mai l
Fla» Si divida racquifto
Ugualmentf fra te , fra ]e fue fquadre :
EJjfa è tua , tu à lor confegna il Padre .
iV/V^ Annibale ? Tu vuoi
Dello fdegno del Ciel farmi berfaglio ,
La fede , i giuramenti
Io violar COSI ?
Tla. Troppo tu fei
Timorofo , o Signor. Non è delitto
Ciò , che al publico ben ferve talora .
iV;V. Sà delitto non fia , Tamor d'£li(à
Ottenere in tal guifa
Come potrei ^
Tléi. Se temi ,
Forfè Attalo di te farà più audace:
Egli à pofTanza ugual , ciò , che mi nieghi
Per sì beila mercede ,
Negar non mi vedrò dalla fua fede. £za'^2o*
W/c.[Numi* chesetomailj meglio rifletti [[^W*
Flaminio à ciò , che brami ,
E fè colla mia fè,col zelo mio \^dtfcende dal
Da Roma meritai cenno sì rio,[] TroJ^^ •
Roma onoro , e deggio a lei
La mia pace , e i Regni miei :
jMa non voglio
Del mio Soglio
pfcurar Ja maeftS .
So ? che è giufla , e che potria
Ne) mirar la colpa mia
Accufarmi di viltà • Roma Sccpay.
S C E, N A SETTIMA,
"Sl^fa i e Flaminio •
BUf' Tj Sponefti , o Flaminio ,
jpA La tua legge crudel ? le tue minacce
Afcoltò Nicomede » è pronto alfine
A ftabilirfi il Trono
Del mio gran Genitor sii le ruine ì
Fla* Troppo al Roman Senato
Deve il Re di Bittinia ; onde à lui pofìfa ,
Quado il chieda raggion mollrarfi ingratq*
Tilh Qiial raggion mai vantate
OppreflTori de' Rè 5 del Mondo intero
Tiranni infaziabili , efunefti ,
Che per vano desìo
Di gloria nò, ma fol d'acquifti , e pjrede 3
Pe' Regni più rimoti
I ripofi a turbar Tarmi movete ,
E mai d^incrudclir fazj non fiete ?
Fia* Troppo credi a quel (angue ,
Che ti và per le vene
Un così vano orgoglio
Credimi a te moftrar mal fi conviene ^
Elh Sò , che vi fa fpavento
Benché ramingo fia , benché ftnz'armi
II Genitor , sò , che da voi fi chiede
O la fua morte , o i ceppi :
Ma sì vii Nicomede
Nò mai farà , voi lo fperate in vano .
Fìa. |[ Ingannarla mi giovi 3 or vedo fJifa >
%Ì yl T T 9
Quanto facile fia
A credere ^ e fperar , ciò , che fi brama
,Ì Lufingati così : dolor , che giunge
Improvifo a ferir , fempre è minorq^
„ Di quel , che fi prevede t
jEV/. E quale arcano
Afcondono i tuoi detti ?
Spiegalo pur •
fla. Vedrai
Pria » che tramonti il Sole
Mio prigioniero il Padre tuo feroce,
E faprà Nicomede ,
Forfè a me pià ^ che a lui ferbar la fede •
Wlh Non bafta a fpaventarmi ,
Ch'io Tafcolti da te „ fu' labri tuoi
Afpetto di menzogna
99 Prenda la verità nò , non è vero «
Veglia ancor qualche Nume
D'Annibale m difefa i è troppo caro
L'onor , la propria gloria a Nicomede ♦
F/a. Noi credi ? E n'ài ragione . Elifa addio •
Elh [Foffe mai vero ! J Odi Flaminio , ♦ . •
Fla* Altrove,
Perdonami , mi chiama il dover mio •
Penfando al tuo dolore
Sento pietà nel core »
E mifer a mirarti
Io non vorrei cosi #
Il Padre tuo condanna y
Incolpa la tua forte ,
Che fi moftrò tiranna >
Che il fangue fuo tjradì. Penfando 8cc
partg. SCE
<p II 1 M 0* *f
S C E A O T T A V A.
m K LGeakorfivada... eccolo ei giunge;
A Pa'Jre.eSignor.più non chiamar vi Itade
Il mio timore", ogn'ora
Argomenti pifi forti io ne difcopro ,
An- ,y ^^on chiamo debolezza
„ Un'affetto , che nafce ^ ^
' Improvifo nel feno ; i moti fui
* Mon fono in poter noftro »
, Chiamo viltà l'abbandenarfi a lui .
Pa qual nuova cagion niorse , à figli* «
In te quella viltà.
BU V^tìò plamiuio ,
y4». M'è noto ,
E Nicomede ,
Che promife , che diffe ?
JS/i. Forfè non ferberà la data fede .
yi^. Non mi dà meraviglia , 1 benehzj
Quanto fono niaggiori ^
più ingrato colui , che h riceve ,
Eeli raegion non deve
A me dell'opre fue, fòla mia gloria.
Quando à prò del fuo Regno , ^
C^tro Eumene moftrai fenno , e valore ,
Sarà di tal delitto
Tutta fua h vergogna , ed il roflore ,
Bl' Che faremo Signor !»
Alla folvezza m > P^^ > che alla mia ,
' * • ^ t r 9 '
Attillo ti clefia
Sua Canforte , e Reina : egli f„ quel Regno
Off T^ 'iT''''^ ' ^' tradimenti ^
OfferHa d,fefa , io l'accettai,
«7/ M ^^^-^"'^^^^"^"ararai.
«3/. Ma potria Nicomede
Pentirfi dell'error , potria non vero
E/Ter quello , che udii , '
^»a»Sìa come vuoi
Mai non potrò fidarmi
Delle promeffefue. ,. Non è da faggi,
« Trafcurar il periglio , ove fovrafti
« f ngionia vergognolà ,
A' miei detti t'acn Uffa • •
''«.n t «itijucia , e meco vieni
^ in 1 ergamo a regnar d'Attalo fpofii .
SCENA NONA,
( T N Pergamo con lui ! )
Me. L ( D^Attalo Elifa n
^rf. Ove , o Signor ? ^
JVic. Qual nuovo
Impenfato accidente
V'allontana da noi , perche .«>....
^'^^^//.Signore aiV/c.
Vedo , che è a te dannofa
la mia dimora, onde io ti lafcio: è tropo»
L amicizia di Roma
Neceffaria per te , troppo fatale
Per me il reftar farla ,
E vedere oziofo
Turbar la mia nemica il tuo ripofo
j ^r/T E pur tutto dipende
Dal tuo voler f potefli dirgli oh Ùio l
QHpnto Arfinda Tadora 3
E tu vorrai lafciarne ? Elifa , almeno . . *
' Eh Eli^à almeno in pace
Lungi vivrà i cento odiofi ogetti
Sempre fi fanno innanzi agrocchi fuor ,
E tu arredarla vuoi ad zArf.
SignorjChe pia fi tarda, adiannc,e fia[ai-4iP»»
Quefto l'ultimo giorno
De] tuo periglio , e della pena mia
f Si tormenti l'infido . ]
iV7;c. []0h Dio , fe parte, iorefl:o
Senz'alma in fen :]
Che cangiamento è quefto s?
jirf Annibale rifletti • é • • . •
^^/^.O* già penfato .
Perdona o Principefla ^ andiam . nd Eh
JSfìe. M'afcoJta •
EU D'afcoltar non è tempo % é NlCè
Ti fieguo . ai Ann*
Nìc* Elifa , oh Dio ! fenti una volta •
Lafciane foli Arfinda. A un Rè, cfie v*amàl
ad Ann* ^
Nón fi nieghi d'udirlo un fol momento %
Molto deggio fvelarvi .
Arf* ( Ahi che tormento
Sefiza fpiegare il mio novello amore
Partir m*è forza ) io lafcio
D'arrefl:are ambedue teco la cura a iV^V,
German forfè non fai , quanto dipenda
Da ior la noftra forte , o la fventura .
ai kA T T Ó
Sò, che di fdegno accefa ad Ann.é^El
Vi lafcio Talma in feno ^
Ma so 5 che poi fereno
Il cor ritornerà *
Tu di placar procuri^ i a I\tìó*
Credete a' detti fuoi » ad EUdAtì.
' Di voi più dolce cura
L'anima mia non à . Sò &c* partè^
SCENA DECIMAé
Tlìfa^ Annibale y e Nkornedé*
*^^///lLTIdomede tMnganni ,
Se credi , che a' tuoi detti
10 mi pòfla arreftar : non è il timore j
Che mi aftringe a partir ; folo in vederti ^
Che non fai generofd
Scuotere il giogo indegno, onde t*opprime
La Tiranna del Mondo ,
M'allontano da te 4 Le tue dubiezzè
M'accrefcono i fofpetti , io non vorrei
Airaltrtii troppa fede in man d'un empio $
Colle catene mie ferVir d'efempio •
fB/. Ed lo mai non vorrei*
Che la caggion tu fofli
[M'intedi ò traditori de' piàti miei f ^Mv*
iV/cr. di che vi dolete^ , in che vi offende
Nicomede finòr ? Parlò Flaminio i
Ma parlò aNicoffledé i
AI fini di Romàiofono.Éiii
^nn^Aì fin tu fei
11 Miniftro di Roma , il caro Amicò i
Che
^ Che vittime prepari ,
De' fuoi barbari figli al genio Antico*
Eccomi in tuo poter # Sù'l Campidoglio
Al Carro vergogoofo
Annibal Ci vedrà ftretto in catene t
Ma faran le mie pene>
I roflbri faranno
Gloriofe memorie
DeJlì trionfi miei > del loro dannò*
Bl* Padre non pih* Crudele a/Vle^
Quanto fofFf o per te •
iV/V. Ma Duce ♦ Elifa
Lafciatemi parlar • . # . •
^AtJ^^f.S\ queirinvitto
Annibale terror dell'alta Roma ji
Che al lago Trafimcno
Cangiò in fangue Roman le torbid'acque i
Che di Trebbia 9 e di Canne
Colla morte d'Emilio , e colla fuga
Di Minuzio , e di Varrò
Refe fempre a* Romani
Dolente la memoria > ora tradito
Da un Rè infedel , che tanto deve à lui
Frà nemiche ritorte
E' ferbato al trionfo ^ ed alla morte ,
Ma ancor di me Signore
Barbaro io fon j di rimiràrmi avvinto*
II piacer non avrai , v'è tantb fangu^ì
Ancor nelle mie vene^
franto balla a rapirmi alle catene 0
È ^ Mi-
** ^ T r o
Mira, infido , in queflo afpetio ,
Che temer non fa ia morte ,
La virtù deJJ'aJma forte.
La mia gloria, ij tu© roflbr.
Tu vivendo vergognofo ,
Vile oggetto ognor farai :
Io morrò, magloriofo,
BeJJ'efempiodeJJ'onor. Mira&c.
parte*
SCENA UNDECIMA»
Eiffel , e Nìcomede *
IMV. 1^ lacchè il tuo Padre ingiufto
VJ Miniega d'afcoltarmi , amata Elifa
i u m alcoJta , e à^ciài ,
Se raggion fia , che si di me diffidi .
m, ingrato Nìcomede ,
Che puoi dire à tuo prò , mentre t'accafa
Ogni opra tua , mentre ridotta fono
A pianger per tua colpa
O la morte , o iJ rofTor dei Genitore
Quando da me, da iui
Tant'amiftà ricevi , e tanto amore .
Nk» Ma è troppa crudeltade
Condannarmi così . D'Attalo affai
Riconolco le frodi ,
Ei » che volfe a tradirvi ogni penfieroj
Mi fà reo comparire , e menfognero ,
£7. Eh fe baftaffe , i falli
A ricoprir, altri accufar; qua I reo
Condannato farla ? Cerca di quello
Pe0
Ver ingannarmi o Rè , miglior pretefto ,
iV'^'c. Dunque Attalo infedele ,
Che Annibale tradifce > avrà d'Elifa*
Avrà del Genitore
Tutta la fè , l'amore ,
ISIicomedc innocente, e fventurato
Fede non troverà ? dove fi vidde
Maggior fatalità , maggior fventura
Dica, che far dcgg'io ,
Chi à provato dolore uguale al mio ?
El. Ciò, ch'a te fi convenga .
Infegnarti non poffo , è a te ben noto
Il tuo dover , rifolvi , in altra guifa
Mi perderai pqr fempre .
Nic Ahi cruda Elifa .
El. Tu mi chiami crudel , quando l'amore ,
Quando oltraggi la fede ? ah traditore !
Per te perdo il mio contento ,
Per te piango alma infedele ,
E crudele
Ancor mi chiami
Ah sì barbaro tormento
L'alma mia foffrir^on sà .
Darò fine al mio martire
Col lafciarti , col morire ,
Sò ben'io , che tu lo brami ,
Sò che pago ti farà . Per &c. parte
SCENA DUODECIMA,
X^tcowede foto penfofo •
Nic.Ty Orna, Annibale , Elifa
Jtv Chi di voi feguir deggio ! ebbe la fcd
T 7 0
Roma primiera , e a lei . . . , , ^
E Jalciare io potrei
De' più fieri nemici
Annibale in poter? egli ebbe ancora
Di fiìa falvezza in pegno
La mia fede real . . . • . Sì sì penfai
Senz'offender ia gloria ,
Annibale fi falvi al fido Arafpe
Svelarò il miopenfier , nella grand'opr^
Simulare > e tacere a me conviene •
E' ver , ch'il caro bene
Io perderò , ma refti il Regio onore
Da ogni macchia difefo,
E fe deve languir i languifca amore ♦
Se la Campagna inonda
Onda crudel , che freme ^
Ripieno di fpavento
Penfando al caro armento
Gorre , s'arreda , e geme
Il mifero Paftor*
Ma quando invan s'affanna ,
Quando è a perir vicino »
• Sen fugge alla capanna I
E del fuo fier deflino
Più non fi lagna allor ♦ Se &c.
Fìns deWyltto Trìmo •
ATTO SHCONDOr
SCENA PRIMA.
Atrio .
Bufa , Annibale , ed Attalo con guardie ♦
At. He li tarda , o Signor ?
JLni B Ciò , che hò promeflfo ,
i Son proto ad cfeguiria ciòcche fai,
^^■^^'^ Attalo riflettedi ?
55 SpefìTo il zelo maggior vacilla, e cade ^
Se l'amor , che'l (òftenne
3> Perde il primiero ardore ,
,5 E mi daria tormento
„ Vederti a me fede) con tuo dolore •
Eli. Se d'Annibale il fangue
Tu non conofci appien , nulla più fierW
Kon v'è di lui : le giunge
Una volta fui Trono ,
Saprà male ubbidire , e la tua Roma ,
5, Se per tuo mezzo in ferviti] lo brama ,
,5 Di pure a lei , che per configlio mio
5, Quefto vano penfier lafci in oblìo *
At* Ma da che nafce mai
Sì ftrano cangiamento ?
Se fede a voi giurai ,
Se della fè giurata io non mi pento t
9, Che io mi renda foggetto
„ AlTarbitrio di Roma , e lieto refli
f, Del nome di Regnante ,
„ Senza averne il poter ? Ah non fi creda
I, Attalo così vii .
a8 ^ f t 0
c^;^. Ma con Flaminio
S\ fpeflb raggionar ?
£/;. Con tanta pade
Spiegare iYenfi fuoi •
At. Di qua] delitto
Colpévole fon'io ?
An. Prencipe afcolta i
A diftruggere ogn'ombra i ogni fof*petto
L'ultima prova io chiedo
Della tua fedeltà . Sii gl'occhi miei
Dichiarati nemicò j
Di Flaminio , e di Roma , e giura a Jui
Guerra mortai , ch'io pronto
Seguirò con la figlia i partì tui i
Eli. Queftò dell'aiiìor tuo , della tua fede
Segno defio ^ [ ma forfè
Più pronto in efeguir fia Nicomede . J
Così mi piacerai
lo t'amerò così ;
Se tanto cor non ài,
Lafcia d'amarmi •
tiri vik amor non è
Quello 5 che m'invaghì ,
Solo coftanza , e fè
Sanno piagarmi . Così &c. parti é
SCENA SECONDA-
tJlnntbalè , Flaminio con guardie > ed Attalo.
Pia. 1p\ I ricdndurti al Regno
X>-/ Fù nel pai^tir la cur^ a me commeflTa ;
Ma più duopo non ài ^ nè più ti manca
In quefla nuova imprefa ,
Che ignota a me non è fcorta , e difefa •
S E C O'blDÒ: 25
j4t. Ciò, che narrato fia
A te , Signor /noi sò . Se dar ricètto»
Ad Annibale intendo ,
Noi taccin , e il mio dover 10 non ofTendo*
Fla. Ei , che vifle finora
D'un'afpra guerra in (èno ,
Saprà infegnarti almeno
Di non efler mai vinto il modo » e Tarte *
Sé non faprò guidarlo
A lion efler mai vinto i
Saprò con beirefempio
Additarceli il camino
Di moftrarfi maggior del Tuo de/li no-
Pia. yi Dì qliefta gran virtude
,1 n frutto è da temerfi . Antioco forfè %
,> Già fi pentì d'averti udito : al fine
5i D'uno , in un'altro efiglio
5> Ti guida il tuo coraggio
ìi Sernnre privo d'aitai é di configlfo •
jj Vi coftarì qualche affanno
a Queftì efigli però ^ ch'ora fchernite $
E per darvi timore in ogni ftato ,
Bafta Annibale folo , e difarmato •
j4t. A che giova fra voi
Infultarvi così , da me 5 che l3rama
Koma co! tuo venir ? Forfè pretende ?
Che Annibale no guidi entro il mio Regno,
Che del mio cor, del Trono
Da me fi nieghi alla fua figlia lì dono ?
Fla* Attalo , del Senato i
Quefto é il voler , ciò > ctie del dì rimane i
A penfarvi ti lafcio .
jo T T 0
At. Io lo rifiuto ,
E fe nel dar ricetto a un tal guerriero »
Se le nozze d'Elifà
Del Senato irritar denno lo fdegno >
Tu Tavvifo men rechi ,
10 pronto fono a foftener l'impegno •
SCENA TERZA.
J^ìcomede con guarii^ > e detti .
^V/. A Ttalo da qual'ira
XjL Moflb cotro Flaminio, io qui t'afcolto?
An- Vieni , e apprendi da lui ,
Ingrato Nicomede ,
AUor, ch'altrui fi giura a ferbar fede *
5, D'Attalo io non difefi
5, Il combattuto Regno , io non gli trafii
5, Nicomede in catene 3 e pur non Jafcia
5, Di moftrarfi fedele , e di me degno ,
5, Coirabborrir di Roma
,% L'ingiufta tirannìa ,
5, Col chiamarfì nemico innanzi a lei >
j> Col ferbar generofo
)) L'ultima libertà de' giorni miei .
f /a. Ma poco forfè il fuo fedel coflume
Ti gioverà . ]
Ni* D'Attalo è grande in vero
11 coraggio , e la fede :
Ma chi sà 3 che alla fine
Ei men fedel non fia di Nicomecìe *
Io finor
%An. La dimora
Dell'incerto tuo cor troppo m'offendè >
Rifolvi,o dalla Regia
Par.
s n c 0 ìi D 0. 31
Parta Flamipio , o colla figlia io parto •
Fin. [ H io fbffri ì^ignor ? J à Nìc
J\Ji. [_ Afcolta , e taci , ] à Fla.
Quando pago tu lei,ch-ei partalo reflì, \^ai
Che nuoce a te ? [^Antì*
At* Di più che brami ! ad An*
An. Intefi.
AttaJo al mio foggforno
Vieni , teco mi parto al nuovo giorno •
E tu rimanti, ingrato a Nìc*
Islella tua fchiavitù ^ pena maggiore
Io darti non faprei, del tuo roflbre » parte»
SCENA Q^U A R T A .
Nìcomede , Aitalo , e Flaminio •
Fla* T N tal guifa rinunzia
jL Attalo airamiftà ì
At. Quando trafcende
Raggionevol confine , è tirannìa.
L'ami ftà , che vantate , c tu rammenti
La tua fede in tal guifa . a Nìc^
NU AHI regnanti ,
Sò quanto è vergognofo
Mancare alle promefiTe , e s'io gelofo
Cuflodifco le mie, Flaminio il vede •
At. Ma il Genitor d'Elifa
Quefta forte non à .
Fla. Troppo fra voi
Si è contefo finora . E v'è chi ardifce
Imenei preparar , porgere aita
A' nemici di Roma ?
Dimoftratevi pure ingrati à lei ,
yerrà forfè un momento , in cui vedrete »
3» .ATTO
Se congiurar frà voi
C^iuftamente potete a' danni fuoi ,
Co) faftp del Soglio
S'accrefca l'orgoglio
D'un'anima ingrata ,
Che Roma oltraggiata
Vendetta farà .
piftrutto, da quelle
Sue fchiere guerriere, "
Col Re fpo ribelle,
JJ Regno cadrà . Col 8cc, tam^
,SCENA QUINTA.^
Wifa, Nìcomed^, ed Attah.
t'Iti". A italo , quanto deggio
-All'alma coraggiofa ,
Che dimofiri per noi . Dal Genitore '
Io già tutto afcoltai , t'affretta , io fonp
m r ■ V ^ ^e^^'? vengo al Trono .
L SI itrano cimento ,
Se taccio , fe favello , io fon perduto . ì
Si potrebbe un momento
Elifa differir quell'Imenèo,
Forfè cangiar penfiero , io ti vedrei ..
yiU Per meritar l'amore T
rjj sì rara beltà , ferbar fi deve
Nu S .oferbofè, s'io manco,
S] vedrà con tuo fcorno ,
Non paventar . pria , che fìuifca il giorno.
U. Intanto un traditore '
Tu lembri a tutti e pure
Sento in feno per lui J'ifteffo amorcj
S E C 0 I^D 0- 15
. Ma dovrefti ^
MV-Rifpctta
Attalo un Rè . •
Eh Non voglio
ISIè accufe , nè diTco!pe
Afcoltar più ^ dove favellan Topre
Il contendere ò vano , a quefte iocredo ,
Lo Spofo , eM difenfore , in quefte io vedo.
3Slon credo à un labro , &A -^t^*
Cke giura amore %
Gbe fpeflb infido
Tradifce il core :
Se non mi fido, ^iv/a
Se ancor pavento %
Tu fai perche •
Ogni momento
Mancar fi vede
Chi brama , e chiede
Amore, e fè. Non &c. fami
SCENA SESTA.
ISlìcomede , Attalo , poi Arjìnda*
NkX \ Che ridotto fono
l\ Dal nemico deftin!]quefto raccolga
Da* bencfìzj miei
Amaro frutto, Attalo ingrato ? Io dunque
E libertade , e Regno
Refo t'avrò
ijfir/ German con tanta pace
Tu qui dimori , e con EhTa intanto
Annibale a nartir già fi difpone ,
Nè a trattenerlo bafta
Di me , di tutti i moi priego , ò ràggione;
^4 ot T T O
JSJìc. Ma tu dove il lafciafti ?
jìrf PrelTo alla mia dimora .
[* Parte Annibale oh Dio $
Ne vi è chi lo trattiene J e tardi ancora l
J\ÌU. Non temer ^ ad Arf.
Att* Cosi pronto . ad Arf.
Non partirà^ quanto ti fpiace ! e pure • • . ♦
Arf. E pur le fenza te da noi fi parte *
Non farla la maggior di mie fventure •
*JV/V, f Cura del fido Àrafpe
L'arreftarli farà J con noi dimori
Attalo ancor ?^ che fai P ficguili , alfine
Tu trionfi di me , ma ti configlio
jMeno altero a moftrarti , e meno ingrato>
Ed a temer, più che un amico offefo %
Un ri vaie fchernìtò ^ e fveitturato*
Se non la preme il piede
t)'incauto Paftorello ^
Senza terror fi vede
Intorno al praticello
La pigra fèrpe errar *
]Ma fe col piè l'offende ^
D'ira s'accende in^enOf
E và col rio veleno
L'offefa a vendicafé ^eScc^partc*
SCENA SETTIMA^
Arfnda i ed Attalo •
Att* T Ngrato non farei i
JL Se fofle in poter noflro
Solo accenderfi allor , che a noi Io chiede
O raggione y o dover , o amore , o fede .
Arf Come abbraccia ogni fcufa^ ogilii difcolpa
Chi
S E C O^^D 0. ^
Chi teme la condanna , eccoti al finé
Giunto in porto infedcJe*
D'Annibale il favore
Più nòn ti man ea e fox-fe
I Non ti manca d'Hlila anche Tamorc i
Bel vederti fu! Troaó
Colla tua Spofa a lato
Il Romanq Senato
A guèrra provocai', e afflitti intantd
Arfinda ^ eNicomede,
I tuoi contenti accompagnar còl piantò*
Att» L^amarezza io rifento
Di ouefli dett! tuoi *
E pur chi sa j che poi *
Più veraci non lìah di quel , che penfi !
Sono infedele * è ver i ma perche deggic^
Amar chi mi difjorezzà »
Se tu ad amar ti volgi altro femblatìtè ^
A ragion fono infido j ed incartante*
j4rf* Chi fu prìmier di noi ,
Che di fede mancò ? t'amavo ancóra >
Allorché inenfògnero
Tiì volgerti ad Hlifa il tuo penfìerói.
Att. Or fià come più vuoi,
La libertà del core
Perdere nòti vògrió i tu della tua
Difponi , é a tuo piacere àrdi d'amóre .
Arf.X Che infedeltà I che ardir l ed lO la fàcS f
Che Aftnibàlè m'accefè
Kori fpiegar J
Att* Che pellfì p
Arf. A vendicarmi
u T r o
£S] fpieghi sì, s*adopri [
Perche lungi non vada
Ogni configlio J altero
Di tanta infedeltà ^ nò 3 non andrai y
E d'una ofFefa donna >
Qual ]a vendetta fia , torto vedrai • farte
^tt* Lo vedrò fenza tema ,
JE per me non farà fventura eflrema •
Solo quelle luci belle ,
Onde porto il fen piagato
Mi faranno fventurato ,
Col negare a me pietà •
Se mercede alla mia fede
Ottenere un dì pofs^ io ,
Gioja uguale al piacer mio 3
ìiel Ilio regno amor non à .
Solo &c. parti 0
SCENA OTTAVA-
Appartamenti Reali •
Wlamìnlo fola con lettera In mano •
AGrand^uopo mi giunge in quefto foglio
Della vita d'Eumene il certo avvifo ,
j> Per un fuo meffo ei meM fa noto • Eftinto >
j> Quand'Annibal pugnò per Nicomede
35 Da tutti ancor fi crede :
j> Or da me attende , e fpera
j> Al Regno ritornar . Farò, che ferva
n A Roma , più che a lui sì ftrano evento i
9} E d'Annibale in danno,
^ Sarà degno di lode anche un'inganno é
S S C 0 D O : Iff
SCENA nona;
Attalo 5 e Flaminio . >
Att* [ h Nnibale ricerco , e quV Flaminier
jLJl Non creduto ritrovo •]
jF/^;^^* Attalo avrai
Con alma più ferena
Penfato al tuo dover , e a' tuoi vantaggi .
Att^ Ciò , che a me fi convenga
Flaminio il sò, ciò^ chea me giovi ancora.
„ E fé parlai ♦
Flam^Ciòy che fra noi fi difle
Non fi rammenti più d'un'alma invitta
9y Dall'alterezza tua prefi argomento •
I, Compatifco l'amore , eilgiovenile
yy Spirto d'un Rè confento ,
Che fia tua Spofa Elifa • Io non faprol
A più fedel cuftode ,
Che ad Attalo fuo Spofo ,
Un pegno confidar così gelofoi-
Att. Cangiamento sì ftrano
' Stupir mi fà .
Flam* (^Ma tu non fai l'arcano .3
i Del tuo fratello Eumene
T'elegge Succcflbr Roma , e*i Senato »
Per fuo cenno , e volere , io col tuo regnoi^
Elifa , e il Genitore a te confcgnO ♦
A dono così grande
I Ingrato non moftrarti .
Io della gloria
' Son troppo amante , e fai
Flap^.Non più s'affretti
iQuell'Imcneo 2 prefeate
^8 ^ T T 0
Al nuovo di m'avrai de' tuoi fppnfali .
Che non fiano fatati
Alla fua lib^rtade , io d^ te (pero .
( Or che tutto mi giova.
L'alta Tprefa a copire il pie fi muova. )f?^r^^,
S C E N A p E C I M A.
Nkomede > ed jdttc^lo .
jV/.O'Allontana Flaminio ,
O Allor, che qui mi volgo. Attalo, è fprfg
Spfpetto Nicomede ?
^t(* I fenfi fui ,
per non mi fpiego , chiedilo a lui ,
XSiU Ma fe tanto da te merta un^Aniico ^
Che libertà ti refe ,
Di quaraffar fi raggionò frà voi ?
^^r. Celarlo a te , che fei
Così amico di Roma , io non faprei ^
Sò , che a parte farai
Del mio piacer . Ei di mia fè ficuro
All'amor mio concede ,
Che in quefl:o ifteflTo dì compagna mia ^
Del Talamo , e del Trpap Eiifa fia s
JV/. Flaminio l
i^U (. Pien di ftupore io refto , ^
'Att* Non vedi rp^iif^fto
Sù'l iiiio volto il contento ?
^% B a lui negato I
Nulla farà da te.
Att' „ Ciò , ch'ei richiefè
9} R.^ggionevol fìi fempre ,
Per sì rara beltade > onde fon prefi
Co-
Così queft'occhi miei ,
Che non farefti tu , ghe non farei !
fJh Così dunque ti lafci
Sedurre dair^fnor,che gumgi, oh Dio! .....
'^^^ Che vuoi Signor , xhe io faccia ,
fi' facile il mio core ,
E non trova difefa incontro amore •
i^h Tu dovrefti però della tua gloria
Aver cura maggiore .
'tyfr. „ A Nicomede
Non ne debbo raggione ; in fimil (lato >
Se tu foffi , o Signore ,
Non diverfo da me , t'avrei mirato .
SCENA UNDECIMA-
Elifa y e detti •
BUVy Rcnci , di qual di voi
X Degg'io lagnarmi ? io sò> che mal ficuro
Annibale qui vive ,
Sò, che Flaminio aduna
Le fue difperfe fchiere , ancor mi è noto »
Ch'Arafpe fi difpone
A grand'i mpreft , e d'armi
Per tutto fi favella ,
Di chi deggio temer , di chi fidarmi ?
Ni* ( M'avrà tradito Arafpe ,
Svelando i miei difegni ? )
( Aduna forfè
Per la pompa nuzzial Flaminio i fuoi . )
Ma niun parla di voi ?
Ah m'avveggio ben*io , che traditori
Siete ambedue , che pegno
DWinfame amiftà contro il mio Padre ,
4(? T T 0
S'arman contro di lui ie voftre fquadre •
^/^Ivlalconofci , o Signora ,
P'Attalo il cor > fe di fua fede ormai
ÌNon baftan tante prove ^
Più che farfi non sà .
Di Nicornede
Dunque paventa Elifa.'^ „ Ei , che v^offefc
35 Volontario ricetto
^, Nel Regno fuo , che vi ferbò fin'ora
5, La data fè , potrebbe
„ Di tradimento efler fofpetto ancora ?
Eli» Abbagliarmi peniate
Con quefli detti Indegno » a Nìc^
Perfido v'ingannate ; &d Att*
Porle non è il tuo fido a Nìc*
Elècutor de' cenni , e de' voleri ,
ì-o fcelerato Arafpe ?
Forfè noto non è , forfè noi difTe ad Att
Flaminio or or , che torni
Sol per fuo mezzo al Trono >
Che tua Spofa mi fa ? Non bada quefto
A imaginarfi anima vile , e ria ,
Qual di tanti favori il prezzp fia ^
J^ì^ Attaio , i tuoi delitti ^
Odi quanto fon noti •
Att. Apprcffo a lei ,
Reo più di me , di poca fè tu fei ,
£lh Colpevoli ambedue ,
Sò , che fiete con me , col padre mio ,
Empj, che v'ò fatt'fo ,
Quando del voftro core »
Tanto duol meritai tanto rigore ?
ff
I S E C OT^DO.
' ìAttM^ pèr tuo difinganno ,
Cara , che far pofs'io ?
tJi. (Ah poteflì parlar fenza fuo danno I)
Se ancor di me paventi %
Mio caro amato bene ,
Frà cento affanni , e pene
Mi lafci a fofpirar •
Un'alma più fedele
Al vago tuo fèmbiante, ^
Idolo mio crudele ,
No y non potrai trovar . Se
SCENA DUODECIMA*
Nkomede > ti quale vedendo fopravenht^
Annibale % Jì ferma in dì/pane > e detti •
An. A Ttalo andiam . Penofè adAtt.
xjL Son per me le dimore • Elifa intanto
Stringendoti la deftra >
Della noftra amiftade
Frà noi divenga il vicendevol pegno ^
jt\fì. [ Che fento aimò ! J viene avanti •
Signor meglio rifletti
A ciò , che fai , qual fiafi Attalo ancora
Non ben conofci , e quale io fi a non fai •
Att^ Dalla fcelta , che ei fà troppo fi vede ^
Se ne ravvila appieno.
An* Affai finora
3> A diftingervi apprefi.,, Io no ti vieto, a JNì*
Che dell'amica Roma
Tu fofflra il giogo ^ e i cenni fuoi riceva .
Tu non vietarmi ancor? ch'ove mi piaccii^ ,
6 Li-
4t T T 0
libero volga il piede , '
E di quello , ch'oprai , fia la mercede .
A^/* QChe tormento crudele ,
E pur deggio tacer .3
^li. Signor , tu vuoi ,
Ch'io d'Attalo fia Spofa , e pronta io fono
Ad ubbidirti , ed a feguirlo al Regno
A te<:ongiunta , £ or che farà l'indegno l]
iVl. Elifa un fol momento ....
[ Arafpe oh Dio ! ]
£//. Ma fe quello tu fei ,
Ch'a flringere m'affretti II tuo rivale 9
Di che ti lagni ?
iV/. |[ Oh giorno a me fatale ! ]
^f^. Il tempo , che m'avanza ,
E' troppo preziofo , inutilmente
Non fi perda così . Porgi Ja dcftra
Ad Attalo fedele , amata figlia •
iV/. C Mifero , che farò .'3
£lì. £ Chi mi configlia ! 3
jit^. A rendermi felice > .
Più non tardar .
SCENA DECIMATERZA.
Arjìnda » e detti •
"KT O 3 non fi tardi , Elifa ,
XN Ti fàfuaSpofa alfine
Roma, e Flaminio , Attalo il sà , che mai
Senza il piacer di quella
Non poteva fperar forte sì bella .
An. A difporre d'Elifa ad Att*
Quararbitrio a Flaminioi^ Io fon di Roma,
Por-
S E C 0 ISiD 0. 41
Forfè , come voi fiete ,
Vafiallo , o amico, o fono
Il nemico maggior , che mai temeflTè ^
5, lononconofco in lei,
3, Ch'un'avida tiranna
5, Dell'altrui libertade , e foffrir deggio ,
5, Che difponga di me , del fangue mio ?
j4rf* Or vanne Elifa flringi , e dì , che fia
Menzogner Nicomcde .
J\^ì. Attalo amico , ad c^^?/.
Vedi , qual più divnoi degno è di fede .
Att* Ma chi attefta , chi dice ,
Che Flaminio mi diè ....
c/fir/Flaminio ifteffo.
A;j. Sieguimi , o figlia , oppreffo
Già mi vuole il deftin , tutto contrada
Alla mia libertà . Non ò più amici ,
Più difefe non ò . Fè non fi trova »
Che per noi non fi cangi . In fimil (lato >
Al mifero mio feno ,
La folita virtù ,quafi vien meno •
Tradito , fchernito »
Aita non trovo ,
Soccorfo non fpero ,
Deflino fevero ,
Tiranna mia forte ,
E' troppo rigor .
Ah figlia, tu rendi ad El.
Maggiore il tormento ,
E quafi mi fento
Nell'anima forte
Languire il valor . Tradito parte*
44
T T 0
SCENA DECIxMAQaiARTA-
Eli/a , Arjlnda , Nkomede ,
ed Atta lo •
^V/.f/^ Razie ad amor , mi veggio
vjr Fuor del grave periglio-J Elifa alfine^
Attalo riconofci
Att. Attalo , è Tempre
Quello 5 che fu •
Arf' Chi più di me può dirlo :
Ad efiere infedele ,
Meco diede principio > e (erbò Tempre
L'incofi:ante fuo cor Tifteffe tempre .
At. Ma > Principeffa . . . .
JEIL E' vero.
Troppo fèvera fei , fe tal fierezza
Moflrafli a Nicomede ,
In lui non troverei così gran fede •
ÌV5. Siegui a parlar , e gioco
Prenditi pur di me , dimmi incorante >
Chiamami pur qual vuoi »
Spergiuro > e menfognero ,
V'^errà qualche momento ,
Che tu ftefla dirai , nò ^ non è vero .
Elu Dunque fc fido fei ... •
JVi. Se fido fono ?
Di quella 5 che m^avvanza ,
Ingrata , già vederti
Qualche prova maggior di mia coftanza .
Att* D'Arfinda una vendetta >
Trop-
5* E C 0 O 0 . 4f
Troppo mi coftariajè mi coftafle ad Eli*
Tutto l'amor y che a me ferbavi in fèno •
Ah fbfpendi per poco
La fentenza fatai , sò , che ti rella
Qualche fofpetto ancor della mia fede ,
Ma a toglierti d'inganno >
A moftrar qual fon'io , già volgo il piede .
parte.
SCENA DECIMAQUINTA.
£Ufa^ Arfmda i e Nlcomedc
'Arf. "p* Dunque (labilità \
^ Col Genitor la tua partenza^e invano
Arfinda , ed il Germano
Tentato avran finora
Di meritar da voi maggior dimora •
£11. PrencipelTa , che vuoi
Che fi faccia da noi , fe aNicomede
Piace così , fe dal fuo cenno iftelTo
Più feco di reftar non è permeflb ^
'iNì* Arfinda è ver . Io che Tiavito al Trono j
Che ricovero diedi
Al Genitore > io fono
Quello , che li difcaccio . Io non faprei ?
Se quefta onta fi chiama »
Quai (àranno i favori appreflb a lei •
E//. Sì , ma il Padre è tradito ^
Sì , ma Flaminio ancor teco dimora ,
E di tua fè deggio fidarmi ancora ?
2V?. C Ancor tempo opportuno
Kpn è di favellar . J
4 ^ T T 0
Arf. E quando mai
Fine avranno i rimproveri , e l'accufe P
Forfè più , che non credi ,
E' fedele il German , più che non penfi >
E' del tuo Genitor cara Ja vita
In quefta Reggia.
JEV/. E deggio %
Da sì lieve fperanza
Lafciarmi Jufingar : da chi mai tanto >^
' E' amato il Genitore ?
Arf Io fono [_0h Dio , fpiegarmi
Mi vieta il mio roflbr , 3 come altri vive
^ Col foave alimento ,
Che la fpeme gli dà , tu ancor ti fingi
La forte men fevera ,
Siegui ad amar , fedel ti ferba , e fpera .
Fidati alla fperanza ,
Che ti lufinga il feno t
Anch'io fofpiro , e peno,
E pur fperando vò.
Senza un sì bel conforto
Nell'amorofo foco ,
Amando ancor per gioco,
Refifler non fi può . Fidati 8cc. parte*
SCENA DECIMASESTA.
JBUfi j e Nìcomede •
f//. T^T Icomede , una volta
Si parli fra di noi
Cow libertà , fi lafci
Air
SECONDO.
All'anime più vili il vano fdegno ,
V Le gelofie , Taccufe , e del tuo core 5
Quell'arcano , che celi
Sotto il manto d'amore , a me fi fvelf •
jV/. Quefto di più , ch'io fimular procuri
Dunque da te fi crede , .
E sì vii Nicomede or ti figuri ?
Numi , che deggio far !
Hvn divifai ,
Che tutto farla vano ,
Per ottener si piccola mercede
A) mio sì grande amore , alla mia fede •
Va traditore , affai
A ccnofcerti imparo . Ahi quanto fui
Stolta a fidarmi tanto > a creder vero
i Un'affetto fallace , e menzognero .
ìNi. Ma fe tanto finora
Ti fidarti di me , non ti fia grave
Per tutto quefto di fidarti ancora •
Eli* E che vedrò
JVh Vedrai ....
Eli. Ma chi ti fa tacer , che grand'arcano
E' quefto alfin , diffidi
Forfè di me P
J^i» Di te non temo * • . • •
£//. Eh dimmi ,
Che odiofa ti fono 9
Che afficurarti il Trono
Del mio gran Genitor col fangue brami ,
Che più la gloria,e'l reggio onor non amL
iV/. fPiùrefifter nonpoflb*J Qdimi....»
Eli. Affai
C 4 T^ò
48 ^ T T O
Tò afcoltato finor • Alla partenza
Il Genitor m'aflfretta ,
Io lo deggio feguir , Signore addio •
f E pur tutto con lui laìcio il cor mio .
finge partire •
LA?/. E puoi crudel lafciarmi
^2. A fofpirar così P
Elh E deggio ancor fidarmi
Di chi già mi tradì
JSfì* Quefto è l'amor coftante ?
Eli. Che fedeltà d'amante !
a 2* Ah che TafFanno mio
Non poflb , oh Dio , fvelar .
a 2. E' troppo gran dolore ,
f/i. Doppo sì bella fede >
JV/. Doppo sì grand'amore ,
M 2* Con barbara mercede
Vederfi abbandonar .
Fine deli Atto Secondo .
SCENA PRIMA.
Appartamenti Terreni .
Ntcomedefolo •
■^He farò fventurato
D'Annibale in difefa ! ei da' Romani
à Cinto intorno,e affalito ornai s'apprefla
• A morir da guerriero : Aralpe a a cui
Affidai ia mia fpeme 9
Non trovo , non accorre ; Io refto incauto
Solo 9 e fchernito ^ e quello >
Che più m'affanna il core ,
Reo d'infidie creduto , e traditore •
Ma fi mortai una volta
Queir animo Reale . * • . •
SCENA SECONDA.
Attaloy e detto*
Jbt. A H Nieomede »
JLJl Quella è troppa viltà . Cosi tradifd'
La tua gloria , Tonore ,
Annibale è affalito > i miei pia fidi
Sedotti fono, e tu ne fei Tautore .
j^iC' Di Prufia iJ Reggio fangue
Traditori non fà • Saprei moflrarti ,
Se'l permetteffe quel fatai periglio ,
Che ad Annibal fovrafta ,
Che Rè fon Io,che d'un gran Rè fon figlio.
Att9 Sotterrò con la fpada . . . • ^
c s m^*
T T 0
iVic-Eb, che mi cale
Più d'Annibal la vita ,
Che queft'oltraggiojin cui te ftefTo offendi,
CoU'offendere un Rè : ma deiroffefa
Conto a me renderai .
SCENA TERZA.
Elìfa 9 e detti •
3?/. He giova 1 indegni,
V-J Queft'inutil contefa ,
Quando il mio Genitor dall'empia forte ,
Men , che da voi tradito.
Sventurato fen corre in braccio a morte ?
Att" Ah tutto è da temerfi , io fon tradito
Non men , ch'il Padre tuo ,
^ Sedotti i miei guerrieri ,
In vece d'afcoltarmi , anno tentato
Prigioniero afreftarmi ,
Col ferro iqi pugno , in vano
Annibale falvar finor cercai .
iJìc. Giacché più noa v'è fpeme ,
Giacche pieno d'amor per t? fon io ... .
EU Seguite Eroi d'amore ,
Che mentre altri combatte , i voftri affetti
Venite a palefar , che abbandonate ,
Senz'averne roffore il Padre mio .
Att^ Se vietar non pofs'io
Così gran tradimento , almen di lui
La vendetta farò : feguimi Elifa
Ne' Regni miei , colà benché dovefli
Spargere il fangue ancor • • . . •
EU Che far degg'io I
Vi*
Vili , del fangue voftro , allor che Toprà
Così mal corrifponde? ahi, che piiifcampo
Per Annibal non v'è . Padre adorato
Tu già eftinto farai f
0 Prigioniero almen , di quelli ingrati
Sarà tutta la colpa > e mia la pena •
Chi di voi mi trafigge in tal dolore %
Sarà pietà , inumani,
Tormi la vita i e trapaflarmi il core •
JV5r. Elifa addio (~ non poflb
PiJi refiftere al duol , che mi tormenta ^
Addio vado a morir , farai contenta •
Att* Difperatd ancor'io
Ti fieguò , d Ré nel partire ìfjcontranù
SCENA Q^U A R T A .
^Annibale prigioniero y Flaminio ^ e Soldati
Romani , e detti •
Flam.y^OvQ o Signore,^ A/c.arrella adAtt^
JLJ Attalo il piè •
Att. [ Che miro ! J
El. [Ahi Padre!]
y^^^^-C Ahi figlia; mia ! )
Nìc [Sortefunefta!]
£7. Adempito è Flaminio
II tuo gran tradimento ? un'empio al fintf t
Ciò , che Roma desia
Vendè con la fua gloria : Or forfè vieni
Per divider con me tante fue pene ,
Ad unir con Je mie , le fue catene ^
F/^;^. Raffrenar ti fovvenga
1 trafporti dell'ira , Io cu^odifco
• D'Annibale la vita , a Roma ei venga t
5J k4 r T 0
E più nemici ei non avrà , più giuda
Sarà di quel , che penfi ,
E ne' liberi fenfi
Con cui sfoghi il dolore , e quella offendi,
Penfa a te ftefla , e che da lei dipendi *
Ann S^ mia figlia farà , queffca poffanza
Non vanterete , ed ora ,
Che sù la vita mia tanto potete
Col favor d'un inganno ,
Crefce il voftro roffor,fccma il mio affano^
Più della gloria amante
Fù Roma un giorno . Ricusò Cammillo
La nemica Faleria
Efpugnar colla frode , e il traditore
In ceppi rimandò . Pirro fù vinto
Più da fimil virtude ,
Che dal valor delie Romane fchiere h
Degl'Imperi foftegno
E' la virtù , voi la perdete iniqui >
E' vicino a cadere il voftro Regno •
i^ic. C Poiché Annibal non cadde ,
Liberarlo fi tenti > o almen fi mora . ]
Ad Attalo commetto ,
Che più fido è di me 3 quelle difefe ,
Che darvi non pofe'io . Sì quello io fonò>
Ch'il tuo Padre ò tradito , ad EU
Per non perdere il Trono, agl'occhi voftlri
Voglio involar queft'odiofo oggetto >
Che d'infidie per voi folo è ricetto .
Ann.Tvzòìtor lo fapea . ) ^ jy^.^
El* Con tal baldanza )
D'un infamia ti vanti ^ e tu poterti ^ vi
"'me.
T E K Z &. f%
J^lc. Vìh non poflb afcoltar , le furie io lento »
Figlie dei grave errore ,
Accrefcermi nel cor il fier tormento >
D'Amante TafiFetto 3
D'amico la fede ,
M'affanna nel petto ,
Vendetta vi chiede » «
Lo dice , lo (ènte
Queft'alma dolente ,
Che pace non à.
Ma intanto Terrore
Commeffo dal core 9
Mi chiama a un emenda i
Che lieti vi renda ,
i Che giuda farà. D'amante &c. partc^
SCENA QJJ I N T A .
Annibale , Elìfa , ^ttalo , e Flaminio •
BU if^Hi creduto Tavria P ,
Ann.\^ Non mi forprende
L'infedeltà di lui , di me mi lagno >
Che confidai la libertà , Tonore
A un vii fervo di Roma; Attalo alfine
Colpevole non è .
Flam»T)i quella fede
Darà conto al Senato .
Att» Io degj^io folo
A me fteflb raggion dell'opre mie 5
E voi qual dritto avete
Di di(porr" così del viver noftro ^
E' fegnp d'amiftà forfè frà voi
Sedur contro i Sovraiii
I lor pili fidi , ed il maggior delitto
S4 " yt T T 0
virtù forfè divieti , quando a voi piace ?
/^/^^.Per un Rè d'un fol giorno
E' foverchia baldanza .
A i Regi in fronte
La Maeftade imprefla
Non riceve giammai legge , o mifura »
5, E quei , ch'un fol montento
3, Rè fi vidde , e regnò , s'a voi contraila,
3, Se J'onor fuo difende ,
„ Di quei flome Real degno fi rende •
Flam^^o d'Attalo compiango
L'orgoglio , e la fventura :
In Pergamo tornare a te conviene, ad Att*
Vanne, ed affretta il piè, t'attende Eumene.
Att. Eumene P
Piamosi , che il Tuo ritorno , infidi
Ti refe i tuoi , dal mare a noi fu refo ,
Quando credeafi efliinto :
Vanne, e da lui , che la lorfè riceve.
Tu fiiprai qual rifpetto a me fi deve .
Att* Perche ti dò timor , giunto fui Trono t
L'ombra d'un Rè tu fai
Riforgere così : Più che non fiete ,
Io tradito mi vedo ,
Ma da quello momento
A difendervi parto , e mon:rar voglio ,
Se degno fon di voi , (e del mio Soglio •
Non mi fpaventa , nò ,
La barbara mia forte ,
Difendervi faprò ,
Saprò foffrir la morte
Per elTcrvi fcdel .
II
T E ^ Z 0 ^ 5p
Il voftro grave affanno
Da me li placherà ,
Se il fato sì tiranna
Per voi fi cangerà >
Se men farà crudel •
SCENA SESTA.
Annibale i Elìfa , e Flaminio •
flam^ K Nnibale tu fei
XJL Prigioniera di Roma , alla tua forte
M^l convienfi l'orgoglio >
Ti difponi a feguirmi , in que' momenti »
Che reftano al partir , colla tua figlia
Siegua Tultinio addio >
Sì fiero non fon'io 9
Che tqn voglia privar , In libertade
Alle guardie % che fi ri tir ino
Voi lafciatel con lei , ma la cuflodia
Non fi trafcuri , e folo
Silafci a* difarmati
Libero il paflb .
^^^^^.Ammirp
Il zelo tuo X la tua pietà •
jB/. Di lode
Degno in vero tu fei .
flam.T'àì de' Romani
11 coftume fu fempre ,
Moftrar l'alma guerriera
Cortefe a' vinti , e a chi repugna altèra.
Chi
%S \A T r 9
Chi regge il Campidogiio
Non cede mai d'orgoglio 9
Ma lafcia il fuo rigore
Con chi desia pietà •
Contrafta col valore ,
E ferba altrui la fede ,
Quand'amiftà lo chiede ,
Quando ferbar ve4rà. Chi Scc.partc^
SCENA S E T T. ! M
Annibale » ed Elija •
Apn^T2^%\^^ y pu^e una volta
JP Sol i reftiam,che bel momento è quefto,
Se n'ufiam con virtii . Richiama al core
Quefta di noftra mente
Guida Tempre verace , e ti lovvenga j
Che doppo il viver noftro
Nulla più neriman , che gloria , e fama »
Che ad ammirar noftr'opre »
De' Pofteri il penfier rifveglia , e chiama .
Padre , e Signor , guidata
Da' faggi detti tuoi ,
Ofar tutto faprò . Parla , che vuoi 5
^ij;;^.Nel rimirarmi 3 o cara ,
Non qual fono , qual fui , volgiti in mente,
Figurati prefente
11 tuo gran Genitor i mirar vicina
L'alta Città Latina
Vuota di Cittadini ,
Ripiena di terror, fcorrer l'Italia
A pafli di vittorie , e del fuo nome
Terribil più , che la crudel fua guerra •
ìppir tutta la terra .
MI-
T E TI Z 0. U
Miralo poi sbandito
Dall'ingrata fua Patria in ogni loco ,
Piii> che afilo cercar , .armi^ e vendetta*
Al fine abbandonato
Da' fuoi più fidi amici , a! fin tradito
Da chi meno il dovea ,
D'un Romano in poter già vincitore
Allo fcorno ferbato , ed al rofl'ore .
£L Ahi maggiore incoftanza
Dimoftrar non poteva a te la forte *
Ann*Ot: dì , doppo la morte ,
Se così vergognofo io cedo al fato ,
Qual onore mi refta ?
Dirà il Mondo , 3irà , che tlmorofo ,
Ch'Annibale codardo
Prevenire non feppe il difonore ,
Che noi feppe fuggir , quando potea »
Sì lo dirà , ma con raggione » e tuttd
Io perderò del mio valore il frutto .
JE/. C Ahimè già temo. 3
Già di morire in me fermo è il configHo i>
Solo mi dà tormento ,
Figlia l'abbandonarti ,
Ed in poter di tanti
Fieri nemici miei così lafciarti ?
Ah trovar fi potefle
Una via men crude! , che ti rapifle
Agl'oltraggi , allo fcorno ,
Onde il defl;in nemico
Si moftrafle con te placato un giorno :
Ma non v'è cara figlia , a te aon meno ;
58 U T T 0
Che a me convien morin . . . ecco il velenc
mofìrando un anello
Di cui folo una ftijja a morte guida >
AUor , ch'ertinto io fia ,
Tu prender lo dovrai .... Piangi, e fofpirfj
Forfè men ti dà pena L^^^p '^^^g^*
Soffrir la tua catena 3
Vivere in fervitù , che della forte
Libera trionfar col darti morte ?
JEV. £ Oh Dio , ma già penfai ;
Si falvi ad ogni codo
La vita al Genitore . 3 U ^'^o timore
Non ti rechi ftupor : natura abborre
Tutto ciò , che l'offende , i moti fuoi
Sedati ò alfin : ma quello
Di vederti morir vincer non poffo •
Dammi il veleno, elafcia
Per moftrarmi più fida
Al tuo voler , che pria di te m'uccida .
Ann*ìltuo coraggio am.miro .
Figlia degna di me,predije pii^i forte f le dà
Redi l'anima mia colla tua vnovtQ.\J anello
£7. Genitor mi perdona ,
Tu non devi morir , lungi fen vada
Queflo del mio dolore [getta ranella den^
Iftrumento fatai , \jrola fcena -
Ann*Pih ingrata figlia ,
Mia pena , mio roffbr , rendi quel fangue,
Che da me riceverti , ahi che tormento
Più rio non v'è per me, ftelle nemiche
D'Annibale alla gloria ,
D'Annibale all'onor , vedo diftinto
II
T E \ Z 0. $
I! vo/lro cftremo fdegno , avete vinto
Si cerchi uii'^^Itra morte, e m'alJontani
Da sì abborrito oggetto , in quel profondo $
Che cinge quefte mura i
Corro a precipitarmi .
ii. Ah nò ,
"n. Mi lafcia
Empia nemica mia >
ÌL Chi Jo foccorre , oh Dei .
SCENA OTTAVA.
%yhfnda , e detti •
^rf.TyRontl accorrete {efconok guardìet che i^in
Jl ai fuo grave periglio» {gono tutta la fcena
in» (rngìujflo fato ,
Quefto è troppo rigor!) E ben tiranne
Siete contente alfiti ? Giacché il bramate.
Andrò fchlavo di Roma,
Xc fue leggi ad udir y farò di quefta
il ludibrio 3 e Io fcherno .
Pien di rolTore eterno ,
Il mio nóme n'andrà d'età in ctade %
Querto è l'amor di Figlia ,
E quefta è la pietà , che di me avete ?
/. Padre m'afcolta. t.
?r/. Per pietà . . . * •
in. Tacete.
Nò j che non fel mia figlia i ad Eì.
Nò, che pietà non ài t ad ^r/^
Empie, chi vi confìglia;
Miiero, che farò!
Sazia deftin tiranno
L'ingiufto tuo rigore .
Del mio più grave affanno $
Dite, chi mai provò? Nò, 6cc. pttr^f^
SOENANONA.
Elìfa , ed x^ffìnda .
'i* A Rfinda , che ti fembra
jTV Cella fvcew«ì mia ? Pqrdo l'amante ,
E quafi
^ ^ T T 0
E quàfi li Genitore
Non òy chi mi foccorra ,
Chi mi confoli:, o chi mi dia configHoi
Dove rivolgo il ciglio ,
Non vedo altro» che affanni ^
Quando fazj farete
Delli tormenti miei, Numi tiranni? j
%/lrf0 Compatifco il tuo duolo ,
E poterlo fcemare io ben vorrei,
Ma non è la tua forte
Difperata cosi , non è II Germano
Infedel , come penfi.
Se In ceppi è il Padre tuo» feco Flaminio
Noi trafle ancor : chi sà ,
Tornare In libertà, potrebbe ancora /
Convien femprc fperar^ finché fi mora ir
Sh O' fperato finor , follia farebbe
Più così lufingarfi: allor , che franta *
Mira la nave fiia
li nocchiero fmarrIto#
Non farebbe follia » fe per conforto >
Salva fperaife ricondurla^ in porto ?
Per l'alma mia »
Ch'afflitta geme.
Non v'è più fpeme^
Pietà non v*è . ,
Se à più tormenti
Il Ciel crudele f
Tu , che lo fentif
Dillo per me • Per &c. pmei
S G E N A D E C I M A .
NOn fei fola a foffrir. Pena minore
La mia non è, perduto
O' in Attalo un'amante,
Neil infelice Annibale fi toglie
L'altro al mio core, e quel, che più m'affliggCi
ES ?h'AccalQ innocente
T E II Z 0. S
Reo creduto è il german : onde fe reda
Eli'ia in quefto Regno »
Per vendicar del Padre fuo TofFefe >
Darà la mano j ci core a quell'indegno*
Ahi fiera gelofia ,
Tu fola ora mancavi $
Per accrefcer l'alFanno all'alma miai
Fra tante pene, e tante.
Che fofFre un core amante >
Non sò qual pena fia
Maggior di gelofia $
Per farci fofpirar.
Chi quefto duol funefto
Prova tradito in feno j
Per me lo dica almeno ,
Se non lo sò fpiegar • Fra 8cc, purte
SCENA U ND E CIMA.
Cortile regio adornato di Colonne, e Statue»
con veduta di Scale, e Giardini.
Flaminio con Soldati Bimani ^ che conducono
Annibale prigioniero <
4rj. Unque non v*è più fcampo,
ÌlJ Prigioniero così....
^/<r* Taci , e da faggio
La legge del deftin, fofFri, e mi ficgui •
An. La morte almen . . • . .
SCENA DUODECIMA.
I ^ la^jcomede con uumcrofe fcbiere , e detti .
T^Laminioj
Jr O Annibale mi rendi j o i fdcgni miei
Preparati a foffrir .
(Oh forte, oh Dei.)
fla» Il Legato di Roma
Si rifpetta così, mie forti fchlere*
S'abbatta , e fi difarmi
Queft'infedel .
J^f, Vuoi guerra ? AlParml *
ét ^ T T 0
Tutti* All'armi.
S'affrontano T^icomede^ e Flaminio , Uguale in^
calzato cede , ed abbandonato Annibale da'Soh
dati Bimani 9 è fciolto dalle catene ^ e gli *vìen
data una Sciablat ed uno feudo ^ onde aJfatL
ta i Bimani i / quali fono disfatti •
SCENA DEGIMATERZA.
l^icomede, ed ^Attalo .
•/f. Q Ignor<9 de*miei fofpetti ,
i3 E delle olFefe mie perdon ri chiedo.
Or dimmi» fe a te piace»
In qual guifa potefti
Recare a noi così opportuna alta >
Quando In sì gran periglio
D'Annibale, e di tutti era la vita?
Grazie, Signor j ti rendo. Io degl'oltraggi
Più memoria non ò, ciò, che tu brami,
vQuando ogn'uno m'afcolt! j
Lafcia, ch'io narri , „ e mi permetti intanto f '
„ Che ad Elifa men vada
„ in que* begl'occhi a rafciugare il pianto . parte •
SCENA DECIMA Q_U A R T A .
%Ai/finda , ed ^Aitalo .
^rf*i% ' iiluftre Campion , della vittoria,
jj> VJ Che ti die il tuo valore j
5, Sò ben , che fenza il tuo guerriero ardire ,
II Genitor d'Elifa^
Neila fua fchiavitù potea languire.
tAt* n Se mi niegò la forte
L'onor di tant'imprefa, almen lafciommi
ss D'averla meditata
3» Tutto il piacer, e tu potrefti alfine
»9 Gol favellar non grato,
33 Così meno infultar, chi è fventura:o •
^rfy^ Or vedi, come fuole
5> Chi è facile a dar fè , fpeflb Ingannarfi •
n Io mi credea, che più di te felice, j
„ Tro-
T E Z 0. *3
I, Trovar non fi poteffe
„ Di Pergamo fui Trono!
j, Spof© d'Elifa ! E che maggior fortuna
: ,» Tu potrefti bramar ?
)lt, » Diafi una volta
)) V rimproveri noftri, alle querele
F'ne da noi^ ciò, ch ò penfato afcolta %
1^ Già veggio, che d'Elifa
Più non poffo fperar l'amor bramato,
9, Nicomede l'avrà, lo fofFro in pace:
j, Egli di me primiero ,
„ De' vezzofi fuoi lumi arfe alla face <
3) Tu, che Annibale adori,
)> Forfè minor fperanza
Avrai di me : chi pria di noi delufo
„ In amore rimanga ,
„ Non folplri , non pianga :
5, Ma fue voglie a feguir, poffa a ragglonc
„ Coftringer l'altro,
^rf.yt Io fon contenta, è vero.
Che Annibale m'accefe^
Ma folo la virtude, e il genio altèro
In lui mi piacque.
^^ „ In tracciò
), Dunque il*andlam .
^r/. „ T'arrefta ,
9> Giungono a tempo .
SCENA ULTIMA,
Tutti fenia Flaminio .
y^nn* A Mici in così (trano
Jl\ Cangiamento di cofe , e dove ogn'uno
li piacere del fen moftra fui volto >
Io folo del dolore
Deggio i f«gni moftrar , che porto al core •
£/. Genitore che t'affligge?
^nnl miei rimorfi
D'aver sì lungo tempoi
Creduto traditore
Chi
^4 ^ ^ T T O
Chi liberta mf rende, e vitaj e onore «
j-^Ic. Se nulla più di quefto
N'è la caggion ♦ vada in oblio , coftrctto
A fembrar traditore per tua falvezza.
Tu creder Io dovevi^ era gelofo
93 Troppo l'arcano , e s*io moftrato ave(E
,» Somiglianti a' penfieri i detti , e l'opre ;
51 In vece di goder di quefta forte ,
9, Forfè affrettata avrei di te la morte •
Al fido Arafpc impofi y
Che adunando uno ftuol di forti amici,
Tua fcorta foflb in più ficura parte ,
Improvifo alfalito , e prigioniero
Ti viddi al fin ; ma giunfe
Opportuna d'Arafpe a te l'alta ,
E Flaminio affaltando, e a' lacci tuo!
Togliendoti in un punto»
Difcacciato Tabbiam colle fue fchiere
Da tutta la Città »
t^nn,Dì tanta fede
Non poffo altra mercede
Darri, oh Signor. La de/Ira # amata figlia
Porgi al mìo difenfor •
J^ic. Doppo tal premio 3
Se bramafiì di più, flolto farei.
Per comando del Padre ,
Per mio voto fon tua , prendi d'amore
La deftra in pegno» e colla delira il core
«u^^f^f. Principeffa.,,,.,
»4r/l Comprefi.
Rammento il mio dover» fe lo confente
li mio Germano» io fon tua Spofa : appre
Ad effer più coftante »
Se Spofo fei, giacché noi fofti Amante»
Cor09 Torni fempre fortunato
Quefto dì cosìferen.
Se à goder ne guida il fato
Lieti in feno al caro Ben»
F I 21 E.